domenica 11 gennaio 2009

DIECI ANNI, U8N GIORNO, UN ISTANTE. FABRIZIO DE ANDRE' sempre con noi.

Fabrizio De Andrè aveva già trovato parole e musica per descrivere il dolore immenso che proviamo alla vista dell’eccidio di Gaza. I suoi versi in lingua genovese (che traduciamo anche in italiano) arrivano da "Sidun", un brano scritto assieme a Mauro Pagani, registrato nel suo capolavoro “Creuza de mä”.
Cosa disse De André Su Sidun, ossia Sidone?
«Sidone è la città libanese che ci ha regalato oltre all'uso delle lettere dell'alfabeto anche l'invenzione del vetro. Me la sono immaginata, dopo l'attacco subito dalle truppe del generale Sharon del 1982, come un uomo arabo di mezz'età, sporco, disperato, sicuramente povero, che tiene in braccio il proprio figlio macinato dai cingoli di un carro armato. (...) La piccola morte a cui accenno nel finale di questo canto, non va semplicisticamente confusa con la morte di un bambino piccolo. Bensì va metaforicamente intesa come la fine civile e culturale di un piccolo paese: il Libano, la Fenicia, che nella sua discrezione è stata forse la più grande nutrice della civiltà mediterranea.»
La furia bellica degli eredi di Sharon ha riportato oggi il pendolo dell’annichilimento verso l’altro azimut soggetto alla « semensa velenusa d'ä depurtaziún». Ma, ancora, lo sterminio dei bambini simboleggia la fine civile e culturale di una comunità umana. Riascolto “Sidun” e altri suoni contaminati di “Creuza de mä”. In questo album che resisterà ancora al tempo, fra le tante letture possibili, voglio vedere un segno di speranza del nostro tormentato sanguemisto mediterraneo.