martedì 6 marzo 2007

"certo bisogna farne di strada, da una ginnastica d'obbedienza per avere il senso della violenza, ma bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni"

Così recitava il più grande poeta italiano del secolo scorso, ovvero
Fabrizio De André.

Tutto il resto sono chiacchiere, il nostro è un mondo perfetto, l’unica
cosa imperfetta sono gli esseri umani, grandissimi per alcune cose, e quanto di peggio si possa immaginare da molte altre.

Si è trovato nel tempo alcune scuole di pensiero che tendevano e tendono a scremare dalle menti e dai cuori il male esistente, ma
si sbagliò e si continua a sbagliare il modo e l’interpretazione di esse,
usando gli stessi metodi di coloro che volevano combattere, ciò ha portato alle più grandi sconfitte.

Due di esse erano e sono il Messaggio di Cristo ed il Comunismo,
partite come movimenti di liberazione dal giogo dei “poteri del male”
e nel quale nome poi si sono compiuti atti contrari, alcune volte in buona fede, altre volte no.

La Liberazione dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo teorizzata dall’utopia comunista è diretta derivazione del messaggio dell’uomo di Betlemme, applicata al mondo moderno, rifiutandone poi la componente invisibile, quella dottrina per la quale esiste un essere superiore che ha
creato il tutto, e questo a causa delle centinaia e migliaia di anni nei quali le caste sacerdotali erano tutt’uno con il potere, assicurandone la sopravvivenza e non solo, ciò ha prodotto nei popoli il rifiuto totale di ogni aspetto della parola di Gesù Cristo, nella quale si trovavano i primi embrioni di Socialismo, come ad esempio quando si dice che “tutti gli uomini sono uguali”. Ma mi fermo qui.

Il libero arbitrio di cui disponiamo potrebbe portarci, come umanità, a livelli inimmaginabili di evoluzione, per ora ci porta a considerarci come individualisti e parassiti di tutto ciò che ci circonda, ancora adoperiamo la logica del branco, come quando difendiamo un territorio aggredendone un altro in maniera “preventiva”, con la scusa che in quell’altro “si annidano i nostri nemici”, mentre siamo noialtri che magari abbiamo messo in atto che questi esistano, e magari li abbiamo sovvenzionati ed aiutati contro un “nemico” precedente, per nostra convenienza miope.
Questa spirale è destinata a crescere sempre di più e velocissimamente, creando un “escalation” che può finire soltanto con un coinvolgimento
sempre maggiore di zone nella “Guerra Permanente”, ed attenzione, bastano pochi anni perchè questo avvenga, e sta avvenendo. Lo scontro di civiltà in atto si sta diffondendo ormai in quasi ogni angolo del pianeta
od almeno entra nelle menti e nei cuori con la paura, sapientemente usata quale strumento di coercizione attraverso l’uso spietato e capillare dei cosiddetti mezzi d’informazione, in questo modo si elimina ogni moto di autodeterminazione perché la paura prevale su ogni altro sentimento
ed impedisce di ragionare.
Ragionando si pensa, e se si pensa ci si accorge del vicolo cieco e si evita di lasciarsi andare, ecco perché le cronache imbastite 24 ore su 24 dai media sono pieni di delitti efferati, epidemie, attentati presunti, ruberie, etc. Il potere mira alla propria conservazione alimentando la paura del cambiamento, ed alle volte arriva a cambiare tutto perché nulla cambi nella sostanza. Ed infatti per questo Fabrizio cantava la più grande verità. “non ci sono poteri buoni”.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Non entro nel merito del bellissimo post, direi anche massiccio di significato, in quanto condivido quello che hai scritto. Però voglio raccontarti di come ho conosciuto Faber. Ero inviato dalmio giornale per una intervista al poeta, e anche qui sono d'accordo quando scrivi è il migliore di questo secolo, aggiungendovi, ma questa è mi opinione personale, Eugenio Montale.
Finisce il concerto e insieme a Fabiana ci rechiamo nel back-stage per intervistarlo. La situazione prende una piega strana, perchè Faber era stranamente allegro, come mai l'avevo visto. Si aprivano bottiglie di vino, si fumava (sigarette, preciso), si parlava senza conoscersi, si leggeva il giornale ch'era l'una passata. Faber aveva da poco finito il concerto. Eravamo dentro le sue ora, quelle notturne, per poi svegliarsi alle 4 del pomeriggio e andare incontro alla sua giornata. L'intervista inizia e io faccio la prima domanda, essendo l'unico giornalista presente e perchè la mia testata aveva già preso accordi con il manager di Faber. Ci siamo ritrovati a sedere in poltrone comodissime in almeno una decina di persone e tutti facevano domande a Faber e lui rispondeva. Io mi ero messo da parte e non mi dispiaceva quella situazione. Le domenda erano tutte pertinenti a Faber, per cui io mi limitavo a scrivere nel notes. Eppoi la mia amica Fabiana conosceva molto meglio di me Fabrizio, quindi avevo una guida sicura. Andammo avanti per almeno un'ora a bere, scrivere, domandare e rispondere. Alla fine, per farla breve, Faber invita per l'estate entrante ad andarlo a trovare insieme alla mia amica Fabiana a casa sua per una settimama a Tempio Pausania in Sardegna. Ormai mi viene un coccolone. Ricordo ancora la sua frase susccessiva all'invito: "... tanto ormai casa mia è diventato un porto di mare". Uno dei miei più grandi rimorsi? Quello di non esserci andato! Perchè? Non lo so. Forse non davo per scontato che dopo poco sarebbe morto.

matt