martedì 20 marzo 2007

ninetyseventyseven,

ovvero 1977, trenta anni vissuti, pericolosamente o no, però vissuti e profondamente.
"Avevo vent'anni, non permetterò a nessuno di dire che è stata la più bella età della mia vita" Tratta da Paul Nizan, Aden arabia. Una citazione riportata pari pari da una parete della facoltà di Lettere della Sapienza di Roma.
C'è il dramma di una coscienza di un futuro ed un passato perduti, uno prima di iniziarlo e l'altro come presa d'atto, esisteva solo il presente, quel presente, ed era odioso, sporco e brutto, e rabbia, tanta oltre l'immaginabile, tanté che l'unico paragone successivo che riesco a concepire è Genova, già sei anni fa, velocissimi...
Una ribellione non era, è stata una rivolta di massa capillare e con un consenso elevatissimo, sopratutto tra gli strati sociali più emarginati, quelli che sanno cosa vuole dire vivere senza, senza casa e lavoro, senza la prospettiva di un futuro e che si prendeva tutto con determinazione.
Era tutto molto chiaro allora, luminoso come i bagliori di spari e di migliaia e migliaia di lampi esplosi nelle notti delle metropoli assediate, l'aria era pesante come i cingoli dei blindati nei centri storici delle città un tempo diverse, un Europa intera in strada, che aveva i suoi gesti d'armi e d'amore, forme nuove di letteratura e di suoni, di musica e di pittura, elaborati nella analisi del linguaggio diffuso via etere con mezzi di fortuna...Alice è il diavolo, trasmetteva da una mansarda con i tetti di tegole attraverso i quali si fuggiva dai calci di fucile che distruggevano raccolte di dischi rarissimi, White rabbit dei Jefferson e brani di Alice che non riusciva a tornare nel paese delle meraviglie, perché il paese non esisteva più, svanito dal tramonto all'alba. Le voci dei tanti unite in un rifiuto, l'operaio massa e la crisi dello Stato-piano, si era compresa e teorizzata la globalizzazione ed i suoi effetti si iniziavano a vedere, la rivolta era già partita ed i suoi soggetti si riconoscevano dagli occhi, gli occhi di un uomo che muore.
Non canterò la canzone del Maggio, si era nel febbraio in cui tutto incominciò, e si sa, "dopo Marx, aprile".
"NON SARA' LA PAURA DELLA FOLLIA A COSTRINGERCI AD AMMAINARE LA BANDIERA DELL'IMMAGINAZIONE" da "Zut"

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sai Roby, io capisco il tuo slancio emotivo, culturale, ideale e storico per quel periodo che è anche il mio. Ma non con la stessa intensità, perchè in quel periodo mi facevo mi bucavo le vene e io il '77 l'ho passato non fra i lacrimogeni e le transenne, slogan e scontri in piazza, ma fra aghi d'insulina e gocce di limone per tagliare il brown nel cucchiaino. Quello è stato il mio '77. Poi è vero che so molto del '77, essendo stato spesso a Bologna in quegli anni, abito vicino a Bologna, ho molte amicizie che hanno preso parte *attivamente* a quelle proteste e condivido molto di quanto si diceva in quel periodo. Ma se devo essere sincero, il '77 e il movimento politico di quegli anni, non era nel mio panorama angusto e avaro. Il mio movimento era quello degli zombi lungo i viali o porticati di Ravenna, Bologna, Rimini...


Un abbraccio alla tua sana ed entusiasmante voglia di nostalgia di tempi migliori di quelli attuali, certamente procurata da quella che Max Weber definiva: "L’edonismo senza cuore", una sintesi che a mio avviso sintetizza una grande porzione della società odierna, esibizionista, cialtrona e individualista che ci ciancica sotto i piedi, dove capita spesso di essere deturpati della propria dignità e senso di giustizia. Te l'avrò già detto o scritto in altre occasioni, non lo so e non ricordo veramente, però in una società che obbliga all'eccellenza fasulla, fare schifo è un preciso dovere morale.

matt