giovedì 11 settembre 2014
venerdì 30 agosto 2013
lunedì 25 ottobre 2010
mercoledì 26 maggio 2010
sabato 8 agosto 2009
martedì 27 gennaio 2009
da "il Messaggero"
Il giornale ha raccolto le circa 500 promesse fatte da Barack nel corso della campagna e le ha classificate in un grafico che, in tempo reale, aggiorna gli impegni presi dal presidente come "Promesse mantenute", "Promesse in parte realizzate" e "Promesse disattese".
Appena sei giorni dopo il suo insediamento alla White House, il presidente Usa ha mantenuto - rileva l'Obamometro - già 5 promesse su un totale di 488.
1) Dare ai militari un nuovo obiettivo: chiudere al più presto il conflitto in Iraq. Obama ha convocato, fin dal primo giorno del proprio insediamento, i vertici militari per organizzare il ritiro delle truppe Usa dalla regione.
2) Nominare almeno un Repubblicano nel suo staff. Robert Gates è rimasto Segretario alla Difesa: lo era anche sotto Bush. Gates in realtà si è autodefinito "apolitico" ma ha ammesso di aver servito spesso le amministrazioni repubblicane.
3) Abolire le nomine "politiche" nell'amministrazione pubblica. L' "Executive Order on Ethics Commitments by Executive Branch Personnel", firmato da Obama il 21 gennaio, obbliga i dirigenti statali a firmare una dichiarazione in cui giurano di non assumere personale seguendo criteri di affiliazione politica.
4) Rendere più trasparenti gli atti del Presidente degli Stati Uniti. Barack ha riportato - com'era originariamente - a 30 giorni il tempo concesso agli ex presidenti di "rivedere" gli atti che lo riguardano prima che questi finiscano negli Archivi nazionali pubblici. Bush aveva esteso questo tempo ad libitum, consentendo agli ex presidenti - a cominciare da sé stesso - di "rivedere" a proprio piacimento la storia e l'immagine da lasciare ai posteri.
5) Vietare ai lobbisti di offrire regali ai dipendenti pubblici. Con l' "Executive Order on Ethics Commitments by Executive Branch Personnel", firmato da barack il 21 gennaio, il presidente ha mantenuto la sua promessa di limitare lo strapotere dei lobbisti sulle attività del Congresso e dell'esecutivo.
L'Obamometro si impegna a seguire, di qui alla fine del mandato, tutte le iniziative politiche del neo presidente e di riportarne l'esito nell'osservatorio online.
domenica 11 gennaio 2009
DIECI ANNI, U8N GIORNO, UN ISTANTE. FABRIZIO DE ANDRE' sempre con noi.
Cosa disse De André Su Sidun, ossia Sidone?
«Sidone è la città libanese che ci ha regalato oltre all'uso delle lettere dell'alfabeto anche l'invenzione del vetro. Me la sono immaginata, dopo l'attacco subito dalle truppe del generale Sharon del 1982, come un uomo arabo di mezz'età, sporco, disperato, sicuramente povero, che tiene in braccio il proprio figlio macinato dai cingoli di un carro armato. (...) La piccola morte a cui accenno nel finale di questo canto, non va semplicisticamente confusa con la morte di un bambino piccolo. Bensì va metaforicamente intesa come la fine civile e culturale di un piccolo paese: il Libano, la Fenicia, che nella sua discrezione è stata forse la più grande nutrice della civiltà mediterranea.»
La furia bellica degli eredi di Sharon ha riportato oggi il pendolo dell’annichilimento verso l’altro azimut soggetto alla « semensa velenusa d'ä depurtaziún». Ma, ancora, lo sterminio dei bambini simboleggia la fine civile e culturale di una comunità umana. Riascolto “Sidun” e altri suoni contaminati di “Creuza de mä”. In questo album che resisterà ancora al tempo, fra le tante letture possibili, voglio vedere un segno di speranza del nostro tormentato sanguemisto mediterraneo.
mercoledì 31 dicembre 2008
auguri!!!!!!!!!!!!!
domenica 28 dicembre 2008
top 5 del 2008,personale!
- BLACK MOUNTAIN | In The Future
- NICK CAVE AND THE BAD SEEDS | Dig!!! Lazarus Dig!!!
- SIGUR RÓS | Með Suð Í Eyrum Við Spilum Endalaust
- CALEXICO | Carried To Dust
martedì 25 novembre 2008
venerdì 24 ottobre 2008
martedì 7 ottobre 2008
giovedì 31 luglio 2008
Leonard Cohen, Il futuro
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Ridammi la mia notte interrotta
la mia stanza di specchi, la mia vita segreta
È un posto solitario, questo,
non c’è rimasto nessuno da torturare
Dammi il controllo assoluto
su ogni anima viva
E sdraiati accanto a me, piccola;
è un ordine!
Dammi crack e sesso anale
Prendi il solo albero rimasto
e ficcatelo su per il buco
della tua cultura
Ridammi il Muro di Berlino
dammi Stalin e San Paolo
Ho visto il futuro, fratello:
è un macello.
Le cose stanno per sfuggire in ogni direzione
Non ci sarà nulla
Più nulla che tu possa misurare
La tormenta del mondo
ha varcato la soglia
e ha rovesciato
l’ordine dell’anima
Quando dicevano PENTITI
mi chiedo che cosa intendessero
Non mi distingui dal vento
non lo farai mai, non l’hai mai fatto
Io sono il piccolo ebreo
che ha scritto la bibbia
Ho visto sorgere e cadere le nazioni
Ho udito le loro storie, le ho udite tutte
ma l’amore è l’unico motore della sopravvivenza
Al tuo servo, qui, hanno ordinato
di dirlo chiaramente, di dirlo senza mezzi termini:
È finita, non si andrà
Oltre
E ora le ruote del cielo si fermano
senti il frustino del diavolo
Preparati per il futuro: è un macello.
Le cose stanno per sfuggire in ogni direzione
Ci sarà l’infrazione
dell’antico codice occidentale
La tua vita privata esploderà all’improvviso
Ci saranno fantasmi
ci saranno fuochi sulla strada
e il ballo dell’uomo bianco
Vedrai la tua donna
appesa a testa in giù
le sue fattezze nascoste dalla veste penzolante
e tutti i poetucoli da strapazzo
che ringalluzziranno
e cercheranno di scrivere come Charlie Manson
Ridammi il Muro di Berlino
dammi Stalin e San Paolo
Dammi Cristo
o dammi Hiroshima
Distruggi un altro feto adesso
Non ci piacciono per niente i bambini
Ho visto il futuro, piccola:
è un macello.
Le cose stanno per sfuggire in ogni direzione
Non ci sarà nulla
Più nulla che tu possa misurare
La tormenta del mondo
ha varcato la soglia
e ha rovesciato
l’ordine dell’anima
Quando dicevano PENTITI
mi chiedo che cosa intendessero
Traduzione di Alessandro Achilli
giovedì 5 giugno 2008
NO alle centrali nucleari (atomiche...)
domenica 25 maggio 2008
Tsunami
Manto bianco e nero, pelo lungo e foltissimo, i suoi segni distintivi, segno zodiacale: ariete, se qualcuno fa gli oroscopi ai mici, me lo mandi, grazie!
lunedì 28 aprile 2008
martedì 15 aprile 2008
più SUV per tutti!
Il mio paese, quello che voglio, è quello del rispetto, del lavoro, della cultura diffusa, dell'amore per il bello, dell'orgoglio per quello che i nostri avi hanno saputo creare, e la memoria condivisa ed il ricordo imperituro verso coloro che per questo paese hanno dato la vita per uscire dal dramma delle guerre e con l'ideale di giustizia contro le prepotenze di pochi.
Ora questi pochi hanno definitivamente il mano ogni pietra, ogni pianta ed ogni animale e con il consenso della maggior parte dei miei connazionali, mi chiedo cosa rimarrà di tutto questo.
Ho sempre detestato l'ideale del tanto peggio tanto meglio, perché la vita è breve e per rimediare al danno ci vogliono decenni ed io voglio vedere un paese quantomeno decente prima di lasciare il posto a qualcun altro.
Non do la colpa ai cittadini o quantomeno non soltanto a loro, la colpa è della mentalità di coloro che avevano la delega di rappresentarmi e si sono dedicati al litigio su temi che definire risibili è poco,avevano perso il contatto con la realtà e ne paghiamo lo scotto con l'annichilamento completo
e senza scampo.Ora Non sarà facile uscirne perché già dalle prime reazioni si è visto che danno la colpa della scomparsa agli "altri" e cioè al PD, infantile modo di ragionare, ogni partito è responsabile dei propri voti ed è al di dentro che bisogna guardare, hanno avuto la delega per governare e non ne sono stati capaci, si sono dedicati al tira e molla sui temi fondanti per il paese, dimenticando che il governo di cui facevano parte non aveva i numeri per fare tutto quel che era nel programma, intanto bisognava stringere i denti e realizzare quel che si poteva fare, ed a parte l'abolizione del costo di ricarica dei telefonini e qualche altra cosa poco è risultato agli elettori. Per governare un paese ci si deve sporcare le mani, altrimenti non si governa. Si è governato per 20 mesi con l'incubo dei Mastella e dei Dini ma non è solo colpa loro, sembrava che non sapessero di essere al governo anche loro, la sinistra arcobaleno, questo è il bel risultato, non a caso Di Pietro ha raddoppiato i voti e loro sono scomparsi.
lunedì 7 aprile 2008
venerdì 28 marzo 2008
Terre di Siena
Le immagini sono state scattate durante un breve soggiorno pasquale tra Pienza e montepulciano, nell'arco di un'ora il clima è mutato più volte, dal cielo terso alla bufera di neve, è bello vedere le campagne ricoperte da uno strato di bianco, ma è strano vedere le ginestre fiorite spiccare in un classico paesaggio invernale
Nelle immagini siamo nella zona DOC del Brunello di Montalcino.
domenica 23 marzo 2008
Invito a sottoscrivere.
vi invito a leggere, sottoscrivere e diffondere la seguente lettera aperta elaborata dal movimento "Centoautori"
rivolta al mondo del cinema, della TV, del teatro, e più in generale al mondo della cultura e dell'informazione.
Per aderire e' sufficiente inviare una email all'indirizzo:
Ai deputati e ai senatori della prossima legislatura, ai ministri del futuro governo
chi vi scrive rappresenta il mondo del cinema, della televisione, dell’audiovisivo. Cio' che raccontiamo si forma a poco a poco, mettendo insieme scrittori, registi, attori, scenografi, musicisti, operatori, maestranze: un insieme di creatività e competenze, un grappolo di saperi - studiati, appresi, tramandati.
Oggi, in un momento in cui si parla di paese ‘bloccato’, vorremmo portare la vostra attenzione su alcune semplici riflessioni. E avanzare delle proposte. Non lo facciamo con timidezza, non mormoriamo nei corridoi, non chiediamo la vostra amicizia per vederle realizzate - come forse un tempo avveniva.
Chiediamo queste cose a voce alta, pubblicamente.
In primo luogo la difesa dell’universo dei nostri diritti, che sono poi la nostra identita'. In fondo, l’unica cosa davvero nostra. I nostri diritti d’autore - inalienabili, incedibili, intrattabili - sono il frutto delle nostre intelligenze e del nostro cuore, vengono dal nostro vivere nella comunità: e' da qui, da questo sentire e narrare degli scrittori, dei registi, degli artisti, che nasce e via via si rafforza l’immaginario del paese. Chi vorrebbe rinunciare a questo? Chi vorrebbe avere, al posto di un romanziere, un burocrate? Chi puo' mai pensare che un portaborse messo li' da un partito possa essere meglio di un poeta?
E’ per questo che vi proponiamo di rovesciare il punto di vista consueto: non stiamo chiedendo facilitazioni, favori, denaro. Chiediamo che l’avventura storica del nostro cinema e di tutto cio' che dal cinema muove - il racconto televisivo ad esempio - possa tornare a essere centrale. Vi chiediamo dunque di pensare all’Italia non solo come a una fabbrica da far funzionare meglio o una famiglia di cui far quadrare i bilanci, ma anche come a un ambiente da affrescare, una grande parete chiara, una palpebra bianca su cui scrivere le storie che racconteranno - a chi verra' dopo di noi - cio' che eravamo, cio' che siamo stati, cio' che abbiamo cercato di essere.
Ci sono parole che sembrano dimenticate e che invece vorremmo che tornassero ad avere senso e forza. Parole come etica, trasparenza, competenza, passione. Parole che, una volte rese reali, significano che in alcuni ruoli specifici non devono mai piu' andare persone che rispondano a patronati, ma persone capaci, oneste, felici di essere chiamate a quel ruolo, e ricche di volonta' di fare, preoccupate esclusivamente del bene della collettivita'.
Nel cinema e nella TV, questo significherebbe avere persone disposte ad ascoltare, a proporre e a disporre, secondo coscienza personale e non su sollecitazioni esterne.
Nel governo del paese, significherebbe avere un Ministro della Cultura immerso nel battito vivo del paesaggio intellettuale, capace di dialogare col mondo della creativita', dotato del linguaggio giusto.
Ci sono parole come ricerca, innovazione, sperimentazione, che sembrano diventate impronunciabili - parole che spaventano chi crede che un film debba essere pensato solo per un pubblico chiuso nel conformismo, sconcertato di fronte a qualunque racconto non elementare o nuovo. E invece non bisogna aver paura del nuovo. Perche' il nuovo è il ghiaccio che si spezza – e sotto, piano piano, viene fuori una ricchezza che si faceva fatica ad accettare e che in breve diventa poi linguaggio condiviso.
Pensiamo alla parola meno usata di questa campagna elettorale: cultura. Nessuno e' contro la cultura, nessuno ne prende le distanze, nessuno confessa di detestarla, nessuno ammette di considerarla un peso, una roba per intellettuali lamentosi. E’ una parola consumata, che non dice piu' nulla, e perfino noi abbiamo difficoltà a usarla, per l’uso mercantile e falso che se ne e' fatto.
E’ una colpa imperdonabile aver logorato questa parola cosi' importante, nella terra in cui la cultura e' invece cosi' vicina alle persone comuni: ci camminano dentro quando attraversano le strade, quando passano davanti alle nostre antiche chiese, quando guardano certi palazzi gentili, certe fontane armoniose, o quei lungofiumi che disegnano quinte di case in mirabili teatri all’aperto. Queste persone sono le stesse che provano una comunanza di sentimenti, pensiero e passione quando, al cinema o in TV, vedono quelle stesse strade, quelle stesse piazze, attraversate dal corpo e dalla voce dei nostri attori e delle nostre attrici. La nostra gente ama la cultura, anche se la chiama con tanti altri nomi. Ma la cultura va di nuovo messa al centro del campo di gioco, non va lasciata ai margini: bisogna far circolare le idee, far circolare i film, le musiche, i colori, i teatri, e tutto il resto che ci gira intorno.
Siamo una nazione ricca del nostro lavoro e della nostra cultura, ma proprio in questo settore, siamo dietro a molti, a troppi paesi. Abbiamo dunque bisogno di cambiare. Sembra difficile, ma non e' difficile. Sembra avere dei costi, e invece, tanto per cominciare, si potrebbe partire quasi a costo zero: insegnare il cinema nelle scuole; promuovere il lavoro dei nostri documentaristi sui luoghi di lavoro, nelle case, nelle campagne; avere delle vere regole di mercato; ruotare le nomine; far valere persone brave e competenti. Cose semplici, cose abituali in altri paesi. Servirebbe a noi, e a quelli che verranno…
Quelli che verranno, sono i ragazzi. I nostri - e vostri - figli. Sono quelli che nelle loro stanze, davanti ai loro schermi privati, scaricano film dalla rete, talvolta legalmente, ma piu' spesso illegalmente, arricchendo i provider che usano il nostro lavoro senza riconoscerlo, privandoci dei nostri diritti. Noi riteniamo che sia giusto che gli autori tutelino lo sfruttamento delle proprie opere, arginando la marea montante della pirateria, anche telematica. Ma pensiamo che sia anche giusto che i giovani possano avere accesso ai nostri film senza pagare un costo che li rende di fatto inaccessibili.
E’ qualcosa di cui dovremmo ragionare assieme.
Quando diciamo assieme, intendiamo dire che, rispetto a quanto accaduto finora, vorremmo mettere le nostre competenze al servizio della collettivita', proprio come sarete chiamati a fare voi una volta eletti.
Vi proponiamo di prenderci delle responsabilità dirette.
Se vorrete avere delle commissioni che ad esempio debbano decidere quali finanziamenti, a quali produttori, a quali registi, sulla base di quali garanzie - non cercate i nomi nella vostra rubrica privata, non chiamate i vostri amici, le vostre mogli, le vostre segretarie: chiamate noi. E non sottobanco, non come consulenti segreti. Ma, come in molti paesi europei, alla luce del sole. Per periodi di tempo stabiliti in cui non scriveremo, non gireremo i nostri film - ma assolveremo solo il compito che avremo accettato di svolgere.
Il cinema - quando una storia o un’immagine e' allo stesso tempo semplice e profonda - ha la forza immensa di dirci cio' che non sapevamo, di mostrarci cio' che non potevamo immaginare, nemmeno su noi stessi. Infatti il cinema, e tutto ciò che dal cinema discende, e' un’arte semplice. Ma semplice non vuol dire banale, semplice significa qualcosa che sta alla fine di un lungo lavoro. E’ per questo che, quando un film parla al pubblico e lo colpisce al cuore, si assiste a una specie di miracolo: lo spettatore, passivo per vecchia definizione, in realta' non e' passivo per niente: si anima, prende parte, si schiera, discute: che diavolo e' il monolite di Odissea nello spazio? E’ colpa di Mamma Roma se il figlio muore? Marcello, nella sua dolce vita, e' un tipo malinconico o e' uno stronzo? Ha ragione o no il professor Silvio Orlando a dire che I promessi sposi sono una palla?
La domanda che occorre porsi e' questa: di cosa ha bisogno il nostro paese per ritrovare se stesso, per specchiarsi senza paura della propria immagine, immobilizzata in una maschera? Puo', chi governa, limitarsi ad avere il semplice ruolo di arbitro nella corsa dei cittadini al benessere economico individuale? Oppure, puo' limitarsi a chiedere ai cittadini di riconoscersi come comunita' soltanto nel rispetto delle regole, delle compatibilita' economiche, o di una maggiore equita' fiscale?
C’e' bisogno di qualcosa di piu'. Dobbiamo decifrare il disagio, e raccontarlo, cercando nei nostri film, una specie di utopia concreta, un progetto di futuro possibile, a portata di mano, una rivendicazione orgogliosa, capace di vibrare in sintonia col paese reale: vedersi rappresentati, vedersi raccontati, aiuta a capirsi.
Perche' di questo c’e' bisogno: di tornare a vederci.
Perche' l’immagine che oggi ci rimanda gran parte della TV - la TV peggiore, schiacciata a rincorrere un consenso di puri numeri - non e' il paese vero. Dove stanno quelle donne cosi' finte, dove vivono quegli uomini cosi' stupidi, quei giovani cosi' vuoti? Chi incontra mai per strada o in un bar gente vestita in quel modo, atteggiata in quel modo, rincoglionita in quel modo?
Bisogna restituire alla TV - questo potenziale grande strumento di democrazia e uguaglianza - il suo ‘cchio: il che non significa deprimere l’ascolto, non significa non fare spettacolo, non fare intrattenimento, non fare fiction che appassioni il grande pubblico. Significa fare tutto quello che gia' si fa, ma pensando che chi guarda abbia voglia di vedersi come realmente e' - o come realmente sogna - e non come viene sbrigativamente rappresentato.
Abbiamo bisogno di buon cinema e di buona TV perche' abbiamo bisogno di un nuovo sguardo. Non solo per noi, ma per gli spettatori, perche' e' il pubblico ad avere bisogno di un racconto di se' più nuovo, piu' abitato dalla contemporaneita'.
Nello stesso modo, non siamo noi - gli autori, i cineasti - ad aver bisogno dello Stato, ma e' lo Stato che deve tornare a chiedersi se non abbia bisogno di noi: per sapere di nuovo chi siamo, dove siamo, come il paese puo' essere aiutato a ritrovarsi e a crescere.
Vi ricordiamo, per concludere, quanto il mondo del cinema e della TV e del teatro e della letteratura aveva scritto un anno fa, in occasione di una grande allegra manifestazione: “Crediamo che lo Stato abbia l’obbligo di assicurare ai propri cittadini il diritto di accedere alla piu' ampia varieta' possibile di opere - nazionali e internazionali, commerciali e di nicchia, di qualita' e di intrattenimento, di documentazione e di ricerca, restituendo al cinema e alla TV un ruolo di arricchimento culturale. Negli ultimi anni questo diritto si e' indebolito, riducendo la liberta' di scelta per autori e fruitori, semplificando i messaggi trasmessi alle giovani generazioni, impoverendo intellettualmente e umanamente tutta la collettivita'.”
E’ da qui che pensiamo si debba ricominciare. Sediamoci, parliamo.
PER INFORMAZIONI: GIULIA BERNARDINI; cell.: 333/6778229, e-mail: giulia.ber@gmail.com
lunedì 3 marzo 2008
Mostra Fotografica al Palaexpò,v. Nazionale 194, Roma ore 16-20, il 4 marzo.
promosso dall'omonima Associazione costituitasi su iniziativa di autorevoli esponenti del mondo della cultura, patrocinato dalla Commissione Cultura del Comune di Roma (con particolare interessamento del Presidente, Pino Galeota,che ringrazio), da Italia Nostra, e dalla Commissione Cultura della Camera dei Deputati.
Il convegno sarà corredato dalle immagini (qui ne vedete un esempio) scattate da me e dall'amico Dino Ignani, un mese di lavoro che sarà visibile su gigantografie lì esposte, e mandate su grande schermo, in slideshow. Sarà altresì disponibile il catalogo, con tutti i dettagli.
Il luogo è l'appena restaurato Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194, Roma, l'orario è a partire dalle 16.00 fino alle 20.30, a tutto questo seguiranno altre iniziative sul tema.